Lauryn Hill, la numero 1 (nell’arte dell’autosabotaggio)

Apple Music sceglie The Miseducation of Lauryn Hill, primo e unico lavoro dell’artista, come miglior album di tutti i tempi: un riconoscimento sacrosanto, una provocazione, una decisione discutibile? Comunque la si pensi, un’occasione per rivisitare l’accidentata storia di una grande artista.

da Quants n. 16 (2024)

Passatemi il gioco di parole: l’hip hop è un genere unico nel suo genere. Nonostante si rinnovi costantemente, al punto da non assomigliare mai a se stesso, si nutre di citazioni, campionamenti e tributi al passato (spesso ai limiti del ruffiano, come ci insegna Dj Khaled che campa rimodernando hit degli anni Zero) e mantiene sempre vivo un legame con realtà molto lontane nel tempo. L’ossessione per le reunion di gruppi storici, che tornano insieme una tantum per un tour o un album celebrativo, va letta in questi termini. A volte, però, viene da chiedersi se non sarebbe stato meglio che certe reunion fossero rimaste un sogno impossibile. Tipo quella dei Fugees, annunciata in pompa magna per i 25 anni dell’album The Miseducation of Lauryn Hill (un classico del genere, tra le altre cose recentemente eletto disco migliore di tutti i tempi da Apple Music). Non è questione di scarso interesse, anzi: per i fan dell’hip hop i Fugees sono e saranno sempre un’istituzione. Li abbiamo amati alla follia e poi rimpianti e invocati a gran voce a più riprese, ma li abbiamo anche archiviati in una sezione della nostra memoria dove confiniamo tutto ciò che poteva essere e poi non è stato. Per il più triste dei motivi, oltretutto: il costante, rocambolesco autosabotaggio messo in atto dai tre membri del gruppo.

La storia dei Fugees comincia in un liceo del New Jersey all’inizio degli anni Novanta. Pras Michel, immigrato di origine haitiana e aspirante rapper, unisce le forze con la compagna di scuola Lauryn Hill, aspirante one girl band. Lauryn non ha ancora deciso esattamente cosa vuole fare da grande, ma adora il mondo dello spettacolo in ogni sua forma. Non è ancora maggiorenne e già canta, balla, prende lezioni di violino e soprattutto recita: nella soap opera As the World Turn, nel film campione di incassi Sister Act 2 e nel lungometraggio di culto di Steven Soderbergh Piccolo, grande Aaron. Nei pochi ritagli di tempo, si diletta a rappare in quella che all’epoca si chiama Tranzlator Crew. Dopo qualche mese si unisce a loro l’aspirante produttore Wyclef Jean, cugino di Pras e genietto della musica. Con lui si comincia a fare sul serio e, grazie al piccolo capitale di popolarità accumulato da Lauryn come attrice, i tre riescono a strappare un modesto contratto discografico alla Columbia.

Il nuovo nome del gruppo, The Fugees, deriva da una storpiatura del termine refugees, ovvero rifugiati: le famiglie di Pras e Wyclef sono infatti scappate da Haiti per rifarsi una vita negli Stati Uniti. Il loro approccio al rap vorrebbe essere sociale, politico, culturale, ma nel 1994 – anno di uscita del loro primo album, Blunted on Reality – nessuno di questi argomenti va per la maggiore: i loro referenti li consigliano insistentemente di mostrare un atteggiamento più bellicoso, cupo, di strada, per uniformarsi ai trend. E loro accettano, anche se di fatto si tratta di snaturarsi e fingere. Forse non a caso, Blunted on Reality sarà un vero flop: in prima battuta, appena 12.000 copie vendute. Così poche che la Columbia medita seriamente di scaricarli prima ancora di dar loro la possibilità di registrarne un altro. Sono ancora tempi di vacche grasse per la discografia, però, e una seconda occasione non si nega quasi a nessuno. Anzi, la Columbia si convince perfino a garantire il pieno controllo creativo al gruppo, senza suggerimenti esterni o ingerenze. I Fugees spendono l’intero anticipo per allestire un piccolo studio di registrazione nel seminterrato di uno zio di Wyclef, si chiudono là sotto per sei mesi e ne riemergono con un album da 13 tracce una più clamorosa dell’altra, The Score.

Per l’epoca, l’approccio di The Score è una rivoluzione: raramente si è vista una palette sonora così varia in un album hip hop. I campionamenti vanno da Enya a Teena Marie, le rime integrano il cantato in maniera fluida e naturale, gli strumenti suonati e i beat coesistono senza forzature. Piacciono ai fan del rap, ma piacciono anche a chi il rap non lo ascolta e anzi lo schifa. Piacciono agli americani e anche agli europei. Piacciono agli uomini e anche alle donne. Piacciono al pubblico, alla critica e ai colleghi. Wyclef Jean, Pras Michel e Lauryn Hill hanno sbancato tutto, per parafrasare il titolo del disco. E il merito va soprattutto al talento straordinario di Lauryn, una capace di fare tutto e farlo bene, senza mai rinunciare alla sua cifra stilistica: «So while you’re imitatin’ Al Capone / I’ll be Nina Simone and defecating on your microphone», rappa in “Ready or Not”. Perché imiti Al Capone? Sarò Nina Simone e defecherò sul tuo microfono. Resterà la frase più iconica dell’intero progetto: una dichiarazione d’intenti e di stile folgorante e raffinata, ma soprattutto la riprova che gli altri due, con la loro socia, proprio non riescono a stare al passo. Per bravi che siano – soprattutto Wyclef Jean, un produttore di ampissime vedute e un discreto rapper e cantante – non saranno mai in grado di eguagliare la sua eccezionale versatilità. Lo dimostrano anche i numeri: il singolo più celebre estratto dal disco è “Killing Me Softly”, una cover dell’omonimo classico del soul di Roberta Flack, cantata interamente da Lauryn. Di Pras e Wyclef proprio non si sente la mancanza.

Per l’epoca, l’approccio di The Score è una rivoluzione: raramente si è vista una palette sonora così varia in un album hip hop. I campionamenti vanno da Enya a Teena Marie, le rime integrano il cantato in maniera fluida e naturale, gli strumenti suonati e i beat coesistono senza forzature. Piacciono ai fan del rap, ma piacciono anche a chi il rap non lo ascolta e anzi lo schifa.

Arrivati a questo punto, dopo un Grammy Award per il migliore album rap, uno assegnato a “Killing Me Softly” come miglior performance R&B e decine di milioni di copie vendute nel mondo, molti cominciano a chiedersi se Pras Michel e Wyclef Jean siano per Lauryn Hill non un motore creativo, ma un peso che la tiene a freno. La sensazione generale è che se avesse una carriera solista riuscirebbe a raggiungere il 100% delle sue potenzialità. Ma lei, a lasciare i Fugees, sembra non pensarci proprio, e non per motivi artistici, ma perché come al solito le donne sono bravissime a tarparsi le ali da sole scegliendo l’uomo sbagliato. Nel suo caso si tratta di Wyclef: l’amico di sempre, il co-fondatore del suo gruppo, ma soprattutto l’amante sfuggente che insiste per tenere la loro storia segreta – non perché ci tenga particolarmente alla sua privacy, ma perché ha già una moglie a casa. L’unico modo che ha Lauryn per passare la maggior parte del suo tempo con Wyclef è quello di continuare la loro collaborazione.

La relazione tra i due, che è la principale garanzia di longevità dei Fugees, comincia però a deteriorarsi rapidamente. Un po’ perché Wyclef non ha intenzione di lasciare sua moglie, e un po’ per i repentini sbalzi d’umore e le sfuriate di Lauryn, che comprensibilmente non tollera più la situazione. A complicare ulteriormente le cose c’è il fatto che Lauryn vorrebbe scrivere e cantare a modo suo, ma Wyclef, che è sempre stato il direttore creativo dei progetti dei Fugees, non sembra darle corda. Lauryn si sente sempre più una pedina nelle sue mani: il piano personale e quello professionale si intersecano di continuo, soprattutto quando resta incinta. In quel periodo (forse per togliersi Wyclef dalla testa, o forse per ripicca nei suoi confronti) sta frequentando un altro uomo: Rohan Marley, il figlio di Bob. Ma non ha mai tagliato del tutto i ponti con il suo ex, e soprattutto non è chiaro di chi sia il bambino che aspetta. Fino al giorno del parto, Wyclef è portato da Lauryn a credere che sia suo: a quanto si dice, scopre solo in ospedale che il padre è invece Rohan. «In quel momento, qualcosa tra di noi è morto: non potevo perdonarla» scriverà Wyclef Jean nella sua autobiografia, Purpose. «Non poteva più essere la mia musa. L’incantesimo era rotto, l’amore era finito». E con questo era finito anche il gruppo.

Dopo la nascita di Zion, il suo primogenito, Lauryn Hill resta subito incinta di una seconda bambina da Rohan Marley, che chiamerà Selah. Nonostante la doppia maternità, non ha nessuna intenzione di rallentare: sembra che abbia ritrovato finalmente se stessa. Si chiude in studio in Giamaica e mette in cantiere un album che passerà alla storia: The Miseducation of Lauryn Hill, un trionfo di stile, ispirazione e contenuto, in cui Lauryn raccoglie tutte le sue influenze rielaborandole in maniera unica e straordinaria. Il disco è una sorta di megafono in cui incanala tutte le frustrazioni, togliendosi parecchi sassolini dalla scarpa. “Lost Ones” è un’invettiva contro gli altri due ex Fugees, accusati di pensare solo ai soldi; “Forgive Them Father” parla di tutti coloro che hanno provato ad approfittarsi di lei; “Ex Factor” racconta la tormentata storia d’amore con Wyclef; “To Zion”, dedicata al figlio, spiega che in realtà nessuno voleva che lei portasse avanti la gravidanza, perché avrebbe rappresentato un problema per la sua carriera. È un lavoro sincero, onesto, diretto, e proprio per questi motivi arriva a tutti, pubblico e critica. Uscito nell’agosto del 1998, vende quasi mezzo milione di copie nella prima settimana e ai successivi Grammy Awards ottiene 10 nomination, portandosi a casa cinque premi, tra cui il più ambito: disco dell’anno.

Lauryn è la donna del momento, può finalmente fare quello che vuole. Anche gli altri due Fugees, tutto sommato, non se la cavano male: Wyclef è sulla cresta dell’onda sia come produttore che come artista solista, mentre il primo singolo di Pras,Ghetto Superstar”, scala le classifiche di mezzo mondo. Resta il fatto che il rapporto tra loro è completamente rovinato: Lauryn non parla più a Wyclef, Wyclef rifiuta di parlare di lei e Pras, Pras dichiara che Wyclef «è il cancro dei Fugees». Nei primi anni 2000 i fan si sono ormai rassegnati alla fine del gruppo, e in una reunion non ci sperano neanche più. Attendono però con ansia il nuovo progetto di Lauryn Hill, che nel frattempo è diventata mamma per la quarta volta. Ma quando il disco arriva, nel 2003, è lontano anni luce da quello che si aspettano. Fa infatti parte della serie MTV Unplugged: è un live acustico in modalità “buona la prima”, che si trasformerà in un doppio album di inediti.

Miseducation è un trionfo di stile, ispirazione e contenuto, in cui Lauryn raccoglie tutte le sue influenze rielaborandole in maniera unica e straordinaria. Una sorta di megafono in cui incanala tutte le frustrazioni, togliendosi parecchi sassolini dalla scarpa.

Il progetto è più che intimo: Lauryn, sola in scena, canta e suona la chitarra. Purtroppo le note stonate sono parecchie, letteralmente e in senso figurato. La settimana prima delle registrazioni ha avuto la laringite, ma insiste per non rimandarle: il risultato è un timbro rotto e incerto, ben lontano dai suoi standard. Avendo iniziato da pochissimo a suonare la chitarra, inoltre, è ancora molto incerta. «Chiunque abbia le orecchie si rende conto che suona solo tre accordi» dichiara un anonimo discografico a Rolling Stone. «Ho ascoltato il live insieme a un sacco di altri professionisti del settore, e qualcuno a un certo punto ha detto “Mi viene voglia di buttarmi di sotto”». Poi ci sono i testi, un mix confuso di aforismi rastafariani e riferimenti biblici, derivanti dalla sua assidua frequentazione con un sedicente predicatore e consulente spirituale, tale Brother Anthony. È evidente che il suo stato mentale non è dei più sereni: durante la performance del suo Unplugged si interrompe più volte e si mette a piangere, lasciandosi andare ad affermazioni come «Sono pazza», «Sono una squilibrata», «Sono emotivamente instabile». Voci di corridoio riportate sempre da Rolling Stone, inoltre, affermano che abbia deciso di fare tutto da sola perché pretenderebbe che i musicisti con cui lavora in studio firmino un foglio con cui rinunciano a tutti i diritti d’autore, in modo che lei sia l’unica a firmare i suoi brani. Non sarebbe una questione di soldi: vorrebbe solo dimostrare al mondo, in primis a Wyclef Jean, che lei è un’artista a 360 gradi e non una marionetta da manovrare. Chiaramente, nessuno parrebbe disposto ad accettare l’accordo che propone. E le registrazioni di un album vero e proprio procederebbero a rilento.

Passano gli anni, ormai è il 2005. Lauryn Hill si è chiusa in un mutismo ostinato e ha cessato qualsiasi attività musicale, tranne quella dal vivo; Pras Michel si è apparentemente riappacificato con Wyclef Jean che ha prodotto il suo secondo e ultimo album solista, ignorato sia dalla critica che dal pubblico; Wyclef continua a fare l’artista e il produttore conto terzi e, quando gli chiedono dei Fugees, risponde che «per dirla in maniera gentile, quel gruppo è morto». Ciononostante per qualche misterioso motivo decidono che imbarcarsi in un tour insieme sia un’ottima idea. La tournée a dicembre tocca anche Milano, con una memorabile data al Forum di Assago. Memorabile soprattutto perché, nonostante per tutti noi vederli dal vivo (e in Italia) a distanza di quasi dieci anni dal loro ultimo lavoro collettivo sia un’emozione impagabile, la situazione è stranissima.

Il concerto inizia con più di un’ora di ritardo, e i soliti beninformati riportano che la performance d’apertura, di un gruppo italiano, è saltata perché Lauryn ha dato in escandescenze quando ha scoperto che è formato da soli musicisti bianchi. Una volta sul palco, i tre non interagiscono e quasi non si parlano; Pras passa addirittura tutto lo show in un angolo, spesso senza neanche sapere bene cosa fare e come inserirsi nelle dinamiche tra Lauryn e Wyclef. Lauryn, tra l’altro, sul palco fa tutti i suoi pezzi solisti, compresi i principali j’accuse musicali nei confronti dei suoi ex soci, i già citati “Lost Ones” ed “Ex Factor”, senza che nessuno dei diretti interessati batta ciglio. La scaletta si chiude con un fantomatico inedito che, dicono, sarà contenuto in un altrettanto fantomatico nuovo album dei Fugees. Un paio di mesi dopo, da oltreoceano giunge la notizia che, a causa di divergenze artistiche in studio, le registrazioni sono state sospese e l’album in questione non uscirà mai. Leggenda vuole che l’unico brano di cui esiste una bozza di registrazione, “Lips Don’t Lie”, sia stato poi riciclato da Wyclef e trasformato in un duetto con Shakira, modificando leggermente il titolo: “Hips Don’t Lie”. Uno dei tormentoni pop più insulsi degli anni duemila, insomma, a quanto pare nasceva come inedito dei Fugees.

Dopo il naufragio di questa prima reunion, sembra evidente che i rapporti tra i tre siano irrimediabilmente compromessi. Nel 2007 Pras stronca senza appello le speranze dei fan: «Sarebbe più facile vedere Osama Bin Laden e Bush discutere di politica estera davanti a un cappuccino di Starbucks, piuttosto che vedere me lavorare con Lauryn Hill a una reunion dei Fugees», dichiara. Nel 2009 mi capita l’occasione più unica che rara di intervistare Wyclef Jean, e naturalmente gli chiedo di un’eventuale reunion. «No, impossibile» mi risponde, secco. «Lauryn è bipolare e rifiuta di prendere le sue medicine. Avrebbe davvero bisogno di aiuto». Difficile sapere cosa ne pensa la diretta interessata, perché dal canto suo Lauryn Hill non parla più con nessun giornalista dal lontano 2003. A chi la contatta, risponde così: «Non sono disponibile per interviste gratis al momento: le uniche richieste che prendo in considerazione sono quelle che mi ricompensano ampiamente per il mio tempo, le mie energie e la mia storia».

In alcune date ha graziato gli spettatori col suo immenso talento, regalando ai presenti una serata indimenticabile e intrattenendosi a lungo con i fan dopo lo spettacolo; in altre si è trasformata nella caricatura di se stessa, presentandosi sul palco in ritardo di ore, litigando con la band in scena e rifiutandosi di guardare negli occhi o stringere la mano perfino a chi lavorava dietro le quinte.

Il restante decennio sembra un film catastrofico su una band che era destinata al successo planetario, ma ha scelto di boicottare ogni chance di tornare a risplendere. Wyclef continua tuttora a fare il produttore conto terzi e a uscire con parecchi album a suo nome, ma non è mai tornato al livello di star planetaria degli anni Novanta; nel frattempo si è candidato alla presidenza di Haiti (spoiler: non è mai riuscito ad arrivare alle urne) e ha lanciato Yelé, una Onlus in favore del suo paese di origine (spoiler: è stata chiusa in seguito alle accuse di aver speso gran parte del budget milionario in viaggi e alloggi per la famiglia). Pras ha smesso di fare musica ed è diventato un attivista politico e produttore di documentari, ma nel 2023 è stato condannato per riciclaggio e cospirazione internazionale ai danni degli Stati Uniti: sarebbe stato assoldato da un losco imprenditore malese al centro di un enorme crack finanziario perché facesse pressioni sul governo americano in suo favore. Al momento è in attesa della sentenza, ma potrebbe farsi una ventina di anni di carcere.

Di Lauryn Hill in questi anni si è scritto tutto e il contrario di tutto. Dopo il suo MTV Unplugged non è mai più uscita con un nuovo album, ma ha continuato a fare concerti in tutto il mondo con il suo vecchio repertorio. In alcune date (come quella del 2018 a Parma) ha graziato gli spettatori col suo immenso talento, regalando ai presenti una serata indimenticabile e intrattenendosi a lungo con i fan dopo lo spettacolo; in altre si è trasformata nella caricatura di se stessa, presentandosi sul palco in ritardo di ore, litigando con la band in scena e rifiutandosi di guardare negli occhi o stringere la mano perfino a chi lavorava dietro le quinte. A 48 anni è madre di sei figli tra i 25 e i 12 anni: i primi cinque li ha avuti con Rohan Marley, il sesto – che porta solo il suo cognome – lo sta crescendo da sola. Anche lei ha avuto grossi guai con la legge: per anni si è rifiutata di pagare le tasse al governo americano, accumulando centinaia di migliaia di dollari in debiti («Sono una figlia di ex schiavi, il sistema economico vigente mi è stato imposto» aveva commentato davanti al giudice), motivo per cui ha scontato diversi mesi di carcere, oltre a pagare una multa milionaria.

Attualmente la sua unica fonte di introiti sono i tour, come quello che avrebbe sancito la famigerata nuova era dei Fugees, nata per celebrare il venticinquesimo anniversario di The Miseducation of Lauryn Hill – che, ironia della sorte, è proprio l’album solista che dai Fugees la allontanò per sempre e che conteneva parecchi dissing ai suoi ex soci. Le recensioni dei concerti per il momento sono altalenanti: c’è chi è entusiasta, chi si lamenta dei suoi immancabili ritardi di ore, chi si chiede perché quella che è pubblicizzata come una reunion sia in realtà un concerto di Lauryn con qualche incursione di Pras e Wyclef, chi è disposto a perdonarle anche qualche magagna vocale. Il futuro, però, è più incerto che mai: quei problemi alla voce che non le danno tregua l’hanno già costretta ad annullare parecchie date, e Pras sembrerebbe destinato ad abbandonare a breve la carovana, se la sentenza dovesse diventare esecutiva. Inoltre, il fatto che Lauryn non abbia mai postato neanche una foto di loro tre insieme sul suo attivissimo profilo Instagram, a parte quelle sul palco, non fa certo sperare in una pace duratura, tant’è che nessuno ha neppure accennato a un eventuale nuovo album in arrivo. Ciliegina sulla torta, nell’agosto del 2024 le date americane del tour sono state cancellate per via dei pochi biglietti venduti. Lauryn Hill dà la colpa alla stampa, che a furia di parlar male di lei avrebbe convinto il pubblico che non vale la pena assistere a un suo live. E Pras le fa causa per frode e violazione del contratto. Insomma, viene da pensare che per quanto sia forte il nostro desiderio di rivedere i Fugees, forse dovremmo imparare a lasciare il passato dov’è e rassegnarci al presente. Certe reunion assomigliano agli esperimenti con i dinosauri di Jurassic Park: riportare in vita i mastodonti del passato garantisce certo grande intrattenimento, ma potrebbe non essere un’idea saggia.

Giornalista e autrice, scrive di musica, cultura e società per riviste, quotidiani, libri, radio, tv e podcast. Tra le sue principali collaborazioni presenti e passate ci sono Rai Radio2, Rolling Stone, il Corriere della Sera, Wired, Outpump, Radio Raheem e Chora Media. Nel 2023 ha pubblicato per Cairo Editore il saggio "Quel Gran Genio. Aneddoti e storie curiose su Lucio Battisti". Dal 2024 è parte della Recording Academy.