DIG Festival celebra il giornalismo investigativo, di cui non c’è mai stato così tanto bisogno

Barbara Pasquariello e Carlo Sgarzi

DIG Festival è una delle maggiori manifestazioni dedicate al giornalismo di qualità in Europa. La sua nona edizione, intitolata “Don’t give up”, si è tenuta a Modena lo scorso settembre, e ha radunato alcune tra le maggiori realtà dell’informazione di inchiesta e del documentario al mondo. Il festival è diventato un punto di riferimento per i grandi nomi del giornalismo, dalla BBC, a Le Monde, dal Guardian ad ARTE.

da Quants numero 8, dicembre 2023

“Don’t give up” è stato il titolo della nona edizione di DIG Festival, tenutasi a Modena dal 21 al 24 settembre scorsi. DIG è un festival internazionale dedicato al giornalismo investigativo ma attento a tutto quello di cui il giornalismo di inchiesta può (e dovrebbe) trattare, specialmente in una fase storica come quella in cui ci troviamo: così complessa, spesso indecifrabile e semplicemente brutale, per molte e molti. Scegliendo quel titolo, il messaggio di questa edizione di DIG al giornalismo è stato quello di non mollare la presa, di non rinunciare al racconto del mondo e delle sue violenze sia fisiche che simboliche. Questa nona edizione – la quarta a Modena – ha cercato di offrire uno spaccato sui maggiori fronti aperti del contemporaneo, e sui temi nei confronti dei quali l’intervento del giornalismo di inchiesta è più necessario: la crisi climatica, i diritti civili e del lavoro, il potere esercitato in forma algoritmica, e i numerosi conflitti armati che insanguinano il pianeta. Per DIG Festival questi non sono però solo temi giornalistici: sono elementi di un discorso che partendo dal giornalismo si apre anche ai non addetti ai lavori e al pubblico, quello che il giornalismo lo legge, lo guarda e lo ascolta.

Per questa ragione, a ogni edizione, DIG Festival viene aperto da una lectio, che si tiene nella Chiesa di San Carlo, il cui compito è sviluppare il titolo dell’edizione, creando un filo rosso tra tutti gli eventi in programma. Quest’anno, per portare il “Don’t give up” del titolo al pubblico, l’apertura del festival è stata affidata a un dialogo tra Luciana Castellina e Eddi Marcucci, due donne che incarnano altrettante generazioni di lotte diverse, combattute in contesti molto differenti, ma entrambe accumunate da una simile aderenza a un ideale, volto a cercare di cambiare il corso delle cose e, possibilmente, il mondo. Un monito chiaro, per un momento storico in cui l’immaginazione di alternative allo stato delle cose sembra difficile, faticosa, quasi impossibile. DIG Festival, però, è fatto di tanti elementi.

Questa nona edizione ha cercato di offrire uno spaccato sui maggiori fronti aperti del contemporaneo, e sui temi nei confronti dei quali l’intervento del giornalismo di inchiesta è più necessario: la crisi climatica, i diritti civili e del lavoro, il potere esercitato in forma algoritmica, e i numerosi conflitti armati che insanguinano il pianeta.

In primis, è una competizione internazionale per l’eccellenza giornalistica in formato video e audio che ogni anno assegna i DIG Awards in sei diverse categorie di concorso a documentari e podcast scelti tramite una call internazionale. I finalisti, trenta tra prodotti video e audio, sono vagliati da una giuria internazionale in cui siedono rappresentati di realtà di primissimo piano dell’informazione e della produzione, tra cui Guardian, ARTE, Fremantle e l’emittente di servizio pubblico svedese SVT. Quest’anno, a coordinare i lavori della giuria è stata la celebre reporter, inviata e firma di Le Monde Florence Aubenas, che insieme a nove colleghe e colleghi ha scelto e premiato le produzioni vincitrici. La giuria ha selezionato documentari e podcast che, tra i temi affrontati, raccontano l’impatto concreto e violento del cambiamento climatico in contesti del mondo dimenticati o poco battuti, le tragedie causate dei conflitti armati nelle zone più violente del pianeta, e storie umane che rappresentano le varie facce degli abusi del potere in contesti come Filippine, Russia ed Etiopia. Tutti i film in concorso sono stati proiettati nelle sale del Cinema Astra di Modena, facendo registrare un successo di pubblico considerevole, aspetto che conferma, se non altro, la voglia di giornalismo di qualità e di narrazioni non scontante e sguardi altri rispetto a quello che avviene nel mondo.


A rendere unici in Europa i DIG Awards, però, è soprattutto il “Pitch”: un premio economico di quindicimila euro destinato alla produzione di un’inchiesta ancora in fase di sviluppo, che viene assegnato dalla giuria al progetto giudicato più promettente dopo una session di pitching aperta al pubblico. Agli autori e autrici dei progetti partecipanti viene chiesto di convincere la giuria che il loro lavoro sia il più urgente, solido e meritevole di ricevere il finanziamento. Per questa edizione del “Pitch”, la giuria ha deciso di destinare questo finanziamento a un progetto italiano, scelto tra un gruppo internazionale di dieci finalisti, incentrato attorno ai temi delle morti sul lavoro nel nostro Paese. Il “Pitch” di DIG Festival, oltre a rappresentare un unicum nel panorama dei festival giornalistici europei, è per DIG un modo di contribuire direttamente al finanziamento del giornalismo di qualità. Dal 2022 il “Pitch” è finanziato dalla Fondazione Matteo Scanni, creata dopo la prematura scomparsa del co-fondatore del festival, giornalista e docente tra i più attenti ai temi del documentario e del giornalismo di inchiesta in Italia. Dalla sua prima edizione, risalente al 2015, il DIG “Pitch” ha contribuito direttamente alla realizzazione di numerosi documentari, alcuni dei quali hanno poi ottenuto riconoscimenti internazionali di primissimo piano. È il caso, ad esempio, del film Kim’s Video di David Redman e Francesco Galavotti che, dopo aver vinto nel 2021, è stato selezionato come film d’apertura al Sundance del 2023, è stato presentato al Tribeca nel 2023 ed è stato in concorso all’ultima Festa del Cinema di Roma.

A rendere unici in Europa i DIG Awards, però, è soprattutto il “Pitch”: un premio economico di quindicimila euro destinato alla produzione di un’inchiesta ancora in fase di sviluppo, che viene assegnato dalla giuria al progetto giudicato più promettente dopo una session di pitching aperta al pubblico.

Oltre ai suoi Awards, DIG Festival è anche una conferenza che ogni anno porta a Modena speaker internazionali che, dal mondo dell’informazione, della ricerca e dell’attivismo contribuiscono alle tante discussioni che animano il programma. L’edizione 2023 ha visto numerosi appuntamenti dedicati alla crisi climatica e alle sue ripercussioni mediatiche, temi che sono stati affrontati anche in collaborazione con l’Earth Investigations Programme di Journalismfund, una delle organizzazioni europee più importanti per quanto riguarda il finanziamento del giornalismo di inchiesta, che ha portato a DIG Festival i rappresentanti di alcuni dei progetti climatici che il prestigioso programma ha finanziato di recente. Questo panel, come gli altri in programma su questi temi, ha mostrato come il giornalismo può e deve raccontare la crisi climatica, anche mettendo a tacere disinformazione, complottismi e negazionismi di varia natura. Le giornaliste Lucy Taylor, Stella Levantesi, Silvia Lazzaris e il fotogiornalista Michele Lapini sono solo alcuni degli speaker che hanno affrontato questi temi nei tre giorni di festival, spaziando dalla discussione delle più efficaci strategie giornalistiche per trattare gli eventi climatici estremi, alle più ampie ripercussioni di lungo periodo che riguardano vivere nell’Antropocene, fino alle dirette conseguenze in termini di giustizia sociale.

Dal punto di vista della tecnologia, invece, l’intelligenza artificiale è stata inevitabilmente uno dei temi centrali di questa edizione, per via della sua sempre più ampia applicazione in ambiti sociali sensibili, a cominciare dall’amministrazione pubblica e le operazioni di law enforcement. Anche questi sono a tutti gli effetti temi di indagine giornalistica, specialmente quando questi strumenti sono utilizzati senza la dovuta trasparenza da parte dei governi o in modo apertamente repressivo. Diversi progetti giornalistici hanno di recente lavorato all’apertura di queste tecnologie, denunciandone anche le implicazioni discriminatorie o i loro tratti più autoritari. A DIG Festival, i giornalisti Gabriel Geiger di Lighthouse Reports e Pierluigi Bizzini, fellow di AlgorithmWatch, hanno discusso le loro inchieste in questo ambito, presentando anche diverse tecniche di computational journalism che chi fa informazione può utilizzare per indagare i funzionamenti di algoritmi e altre applicazioni di IA, e le loro ripercussioni sociali e concrete. Il celebre autore di fantascienza, saggista e attivista della Electronic Frontier Foundation Cory Doctorow ha invece raccontato il suo ultimo saggio The Internet Con: How to Seize the Means of Computation, uscito per Verso Books, che tocca temi quali la concentrazione del potere su Internet, i monopoli digitali e la crescente crisi delle grandi piattaforme.

A DIG Festival si è parlato anche di diritti, con un filone di eventi che ha spaziato dalle nuove lotte per il lavoro e per i diritti civili culminati nel dialogo tra la sociologa Francesca Coin, a sua volta tra le organizzatrici del festival e autrice del saggio Einaudi Le grandi dimissioni, il giornalista Jacopo Tondelli e il regista italo-svedese Erik Gandini, che ha portato a Modena il suo ultimo lavoro, il documentario After Work, incentrato sull’evoluzione del ruolo del lavoro nella nostra società, e sulla possibilità che ne sorga una dove il lavoro possa essere accantonato grazie all’evoluzione tecnologica e alla crescente automazione.

Ovviamente non sono mancati anche gli eventi strettamente dedicati al giornalismo d’inchiesta e al suo stato di salute. Matthew Caruana Galizia, giornalista maltese figlio di Daphne, assassinata a Malta nel 2017 con un’autobomba, ha fornito alcuni aggiornamenti sulla complessa battaglia legale della sua famiglia per trovare e condannare i mandanti, oltre che gli esecutori materiali, dell’omicidio di sua madre. La sua testimonianza è servita anche ad aprire una discussione attorno alle strategic lawsuit against public participation, note come “SLAPP”, le querele temerarie che, in Italia soprattutto, vengono utilizzate per silenziare i giornalisti sotto il peso di estenuanti e costosissime cause legali, insostenibili per chi fa informazione, soprattutto per i freelance che non godono di sostegno da parte di una redazione. Con il Procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri e il giornalista del quotidiano Domani Giovanni Tizian si è parlato invece degli intrecci disfunzionali tra informazione e giustizia in Italia, e di come la nuova riforma Cartabia crei ostacoli enormi al lavoro di chi fa informazione, giudiziaria e non. La proiezione fuori concorso del documentario Ithaka, dedicato al caso giudiziario che vede protagonista il fondatore di WikiLeaks Julian Assange da oltre un decennio, è stata occasione per tenere viva l’attenzione su uno dei maggiori esempi di violazioni delle libertà del giornalismo in Occidente.

In un contesto internazionale sempre più difficile e fosco, caratterizzato da una crescente ostilità contro il giornalismo stesso che, anche in Europa, rende la professione sempre più pericolosa e difficile, a DIG siamo convinti che non ci sia mai stato così tanto bisogno di giornalismo e della forza del racconto che solo esso può produrre.

DIG Festival offre inoltre ogni anno dodici workshop tenuti da esperti di livello internazionale pensati per giornaliste e giornalisti, ma gratuiti e aperti anche al pubblico di non addetti ai lavori. Tra gli altri temi, quest’anno si è parlato di come produrre un podcast giornalistico con Jonathan Zenti, dei formati dell’inchiesta televisiva con Corrado Formigli, di tecniche di verifica dei contenuti sui social media con Matteo Moschella di NBC News, di come l’intelligenza artificiale possa beneficiare il giornalismo insieme ad Alberto Puliafito di Slow News, e di sicurezza informatica per il giornalismo con esponenti di alcune tra le maggiori organizzazioni del settore, tra cui la Freedom of The Press Foundation e Access Now.

A completare il programma del festival, sono poi gli appuntamenti off, come le proiezioni cinematografiche di titoli fuori concorso, le mostre e i concerti. Tra queste, il live di Daniela Pes nella Chiesa di San Carlo che ha chiuso il festival è stato forse uno dei momenti più sentiti dell’intera manifestazione. Grande interesse anche per le tre mostre organizzate durante il festival, a cominciare dalla personale di Ana Juan, illustratrice spagnola nota per le numerose copertine disegnate per il New Yorker. L’artista è stata l’autrice del “watchdog” di questa edizione di DIG: il canale da guardia è il simbolo del giornalismo di inchiesta che ogni anno viene realizzato da un’artista diversa per rappresentare il festival. Nella nuova sede modenese di DIG, inaugurata proprio quest’anno, è invece stata ospitata la mostra collettiva Double Exposure, gravitante attorno ai lavori dell’artista ucraina Inga Levi, che con i suoi disegni ha raccontato Kiev durante la guerra, completata da una video installazione di Forensic Architecture e del Center for Spatial Technologies incentrata sul bombardamento del teatro di Mariupol, uno degli eventi più drammatici della guerra in Ucraina. Infine, a DIG sono arrivate anche le vignette satiriche dello European Cartoon Award, con una mostra delle opere premiate durante l’edizione 2023, oltre a una selezione dei vincitori e dei secondi classificati delle tre edizioni precedenti.

DIG Festival si appresta a organizzare la sua decima edizione, che è in programma dal 19 al 22 settembre 2024, sempre a Modena, con l’obiettivo di portare avanti la sua duplice missione nei confronti del giornalismo investigativo e di qualità: sostenerlo da un lato e offrirgli uno spazio di riflessione, discussione e celebrazione. In un contesto internazionale sempre più difficile e fosco, caratterizzato da una crescente ostilità contro il giornalismo stesso che, anche in Europa, rende la professione sempre più pericolosa e difficile, a DIG siamo convinti che non ci sia mai stato così tanto bisogno di giornalismo e della forza del racconto che solo esso può produrre. Vi aspettiamo, tra qualche mese, a Modena.

Ricercatore post-doc presso la School of Humanities and Social Sciences della Universität St. Gallen, Svizzera, si occupa di giornalismo investigativo, sorveglianza di Internet, black box tecnologiche e dei rapporti tra hacking e informazione. In precedenza, ha lavorato presso la London School of Economics and Political Science (LSE) e l’Università della Svizzera italiana (USI). Scrive per varie testate giornalistiche e conduce un programma su Radio Raheem. Vive a Zurigo.